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Il mandato agli operatori pastorali

Articoli - 4 ottobre 2015
Nella Chiesa tanti volti che testimoniano la gratuità
Resto sempre colpito dalle parole che tutti noi abbiamo la possibilità di leggere in chiesa scritte nella lapide che ricorda la visita di S. Giovanni Paolo II alla nostra comunità: egli, in quell'occasione, disse che la Chiesa non sono solo i preti, le suore, i vescovi, ma che la Chiesa sono tutte le persone che la compongono e che lavorano al suo interno per renderla viva e vivificante.
Spesso, invece, c'è ancora l'idea che la Chiesa sia appannaggio del prete o che nella Chiesa il vescovo abbia quasi il ruolo del principe del feudo; altre volte ho sentito parlare della Chiesa quasi come di una lobby o di un club i cui partecipanti dovevano rispettare determinati requisiti… e mentre ascoltavo queste cose mi tornavano in mente le parole di don Tonino Bello quando ricordava che alle persone che desiderano far parte della Chiesa - perché hanno scelto o stanno scegliendo di seguire Gesù - non è chiesta nessuna tessera, perché la Chiesa non è un partito; non è chiesta nessuna condizione particolare, se non la disponibilità e venire e a vedere; non è chiesto nulla in cambio, perché la gratuità è la parola chiave. E proprio per questo il Concilio Ecumenico Vaticano II, parlando sia del clero che del laicato, sottolinea in più parti e a più riprese la necessità della corresponsabilità e della collaborazione. Queste due parole, che forse possono spaventare, sono due dimensioni che credo tutti noi viviamo all'interno delle nostre famiglie e la gratuità è frutto dell'amore che genitori e figli si scambiano reciprocamente.
Mi pare dunque importante e bello iniziare (meglio sarebbe dire riprendere) questo anno pastorale riconoscendo la disponibilità di alcune persone che, con gratuità, si offrono per sostenere la vita della nostra parrocchia sicché tutti possano sentirsi a casa e vivere l'esperienza che Gesù ci propone nel miglior modo possibile.
Di qui la scelta del mandato agli operatori pastorali: essi non sono i capi, non sono neppure i migliori, non sono neppure le persone più importanti. Essi sono persone come me, come te che, accogliendo un invito che il Buon Dio a fatto loro, si rendono disponibili perché - proprio come nelle nostre famiglie - la comunità abbia un cuore, degli occhi, delle mani, dei piedi per consolare, vedere, sostenere, accompagnare le persone (soprattutto le più fragili) ad incontrare il Signore. Si, incontrare il Signore perché questo è lo scopo della parrocchia, questo e non altro è lo scopo di chi segue il Signore e cerca di rendere presente qui ed ora il Dio che Gesù Cristo è venuto ad annunciare.
E proprio perché la parrocchia non è proprietà loro, essi dovranno imparare ad essere coinvolgenti, a far suscitare attorno a loro entusiasmi, a far maturare scelte, a vivere con impegno e fedeltà questo servizio che è gratuito e disinteressato.
Il loro primo impegno, dunque, sarà conoscere Gesù e far esperienza di Lui attraverso la preghiera personale, la riscoperta del Suo perdono, la partecipazione attiva alla messa domenicale...perché nessuno può dare quello che non possiede!
Tutti noi, però, se da una parte siamo chiamati a pregare per loro e a sostenerli con l'affetto, la riconoscenza e la simpatia, siamo anche chiamati ad interrogarci se un po' del nostro tempo o delle nostre capacità può essere messa al servizio per il bene di tutti.
Tutti noi sappiamo bene le difficoltà, le ferite, le aspirazioni di bene presenti nel nostro quartiere. Forse anche tu che stai leggendo puoi aiutarci a migliorare questa situazione: oggi più che mai non vale più il criterio della delega. Ecco perché - a costo di diventare pesante - corresponsabilità, collaborazione e misericordia devono essere le parole che ci accompagneranno nel corso di quest'anno.
don Luca