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Riflessione sulla Giornata di preghiera e di digiuno per la Pace

Articoli - 25 febbraio 2018
Come diceva il compianto arcivescovo di Milano, cardinale Carlo Maria Martini, «la pace ha un costo, la pace si paga». Bisogna essere disposti a sacrificare anche qualcosa di proprio, per questo grande bene; e non solo a livello personale, ma anche di gruppo, di popoli e nazioni.
Andando, soprattutto, al di là di quel perbenismo endemico del nostro tempo, sarebbe opportuno interrogarsi sulle cause, quasi mai mediatizzate, che generano morte e distruzione. Ecco che allora scopriremmo intrighi d’ogni genere legati al diktat dell’interesse. Bisogna chiedersi, allora, pregando e digiunando - se il nostro presente e il nostro futuro non siano intrappolati nelle strutture di peccato, di cui lo sfruttamento e l’abbandono delle «periferie» sono il segno più evidente. L’impegno deve essere quello di un decentramento, guardando al mondo dalla parte degli ultimi. Un percorso di conversione, che la mistica quaresimale propone, nella consapevolezza che «essere morali - con le parole del grande sociologo Zygmunt Bauman - significa sapere che le cose possono essere buone o cattive. Ma non significa sapere, né tanto meno sapere per certo, quali siano buone e quali cattive. [...] Essere morali significa non sentirsi mai abbastanza buoni».