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La fede tra stola e grembiule

Articoli - 5 aprile 2009
Servizio e passione per cambiare le cose
Fin da bambino ricordo i giorni immediatamente precedenti alla Pasqua come giorni carichi di entusiasmo, nei quali si respirava un’atmosfera diversa. Erano i giorni nei quali dagli antichi cassetti della mia parrocchia a Venezia tiravo fuori paramenti che avevano anni e anni di storia, che avevano visto tante celebrazioni, tanti riti; profumavano d’incenso e ti riportavano il senso del sacro, del mistero… Ricordo come assieme al mio parroco, oggi vescovo ausiliare del nostro Patriarcato, preparavamo le liturgie che scandivano i giorni intensi della Settimana Santa. Poi, maturando scelte che oggi sono fondamentali per la mia vita, i Pontificali nella Basilica di san Marco assieme al Seminario, con l’amato Patriarca Marco: la severità e la precisione dei riti, la melodie gregoriane intrecciate con la polifonia della Cappella Marciana, i segni, la bellezza della Basilica d’oro...l’eterno entra nel nostro tempo e tu rimani li, a bocca aperta, coinvolto dalla preghiera senza neppure accorgerti.
Ma ricordo anche con molta nostalgia le celebrazioni fatte nel carcere di Santa Maria Maggiore, dove per qualche anno ho svolto il mio servizio: niente incenso, niente paramenti preziosi, niente perfezione canora... solo persone che, non certo per meriti acquisiti, vivevano parte della loro vita tra quelle mura non confortevoli di certo.
Come conciliare le due situazioni?
L’immagine che mi è tornata in mente più spesso è stata quella che san Giovanni ci racconta - lui solo! - nel suo Vangelo, immagine che ogni giovedì santo la Chiesa rivive nella lavanda dei piedi e la riflessione che un grande pastore (per lo meno per me) ha fatto. Scrive don Tonino Bello che: “Forse a qualcuno può sembrare un'espressione irriverente, e l'accostamento della stola col grembiule può suggerire il sospetto di un piccolo sacrilegio.
Si, perché di solito la stola richiama l'armadio della sacrestia Il grembiule, invece, ben che vada, se non proprio gli accessori di un lavatoio, richiama la credenza della cucina, dove, intriso di intingoli e chiazzato di macchie, è sempre a portata di mano della buona massaia. Ordinariamente non è articolo da regalo: tanto meno da parte delle suore, per un giovane prete. Eppure è l'unico paramento sacerdotale registrato dal vangelo. Il quale vangelo, per la messa solenne celebrata da Gesù nella notte del Giovedì Santo, non parla nè di casule, nè di amitti, nè di stole, nè di piviali. Parla solo di questo panno rozzo che il Maestro si cinse ai fianchi con un gesto squisitamente sacerdotale.
La cosa più importante, comunque, non è introdurre il "grembiule" nell'armadio dei paramenti sacri, ma comprendere che la stola ed il grembiule sono quasi il diritto ed il rovescio di un unico simbolo sacerdotale. Anzi, meglio ancora, sono come l'altezza e la larghezza di un unico panno di servizio: il servizio reso a Dio e quello offerto al prossimo.
Nel nostro linguaggio canonico, ai tempi del seminario, c'era una espressione che oggi, almeno così pare, sta fortunatamente scomparendo: "diritti di stola". Speriamo che i seminari formino i futuri presbiteri ai "doveri di grembiule" . Questi doveri mi pare che possano sintetizzarsi in tre parole chiave: condivisione, profezia, formazione politica.”
Questa immagine, la Chiesa del grembiule, credo oggi sia più che mai necessaria e scomoda: necessaria perché per chi sceglie di vivere la vita di Gesù decide di camminare sul sentiero da Lui tracciato e deve dare la sua credibile testimonianza; scomoda come lo era per i benpensanti e i presunti giusti la vita di Gesù.
La Croce, che adoreremo venerdì e sabato, non è intrisa di sentimentalismi, ma è pregna di passione: la passione di Dio per l’uomo, la passione di Gesù per gli ultimi...attirarci a se dalla croce non per ascoltare o guardare solo, ma per essere con Lui e vivere assieme a Lui la vita come dono per tutti: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito […] Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.”
Già a partire da qui si intravvede la luce splendente del sepolcro vuoto, luce che annuncia un cambiamento. È il mondo rinnovato, rigenerato da Gesù e da coloro che si lasciano incontrare da Lui, perché solo con Lui si possono fare nuove tutte le cose.
Aiutiamoci allora ad indossare questo scomodo grembiule, tiriamoci su le maniche per lavorare nel mondo con questa coinvolgente e compromettente passione, andiamo oltre allo scontato e alle comodità e allora si che sarà Pasqua per tutti, perché tutti si sentiranno amati e sostenuti come in una grande famiglia.
don Luca